Dall’inizio della sua vita operativa nel 2000 ad oggi, la Stazione Spaziale Internazionale (ISS, dall’inglese International Space Station) ci ha regalato numerosi dati preziosissimi sulla vita in condizioni di microgravità, dalle cellule staminali al “biomining”, ma anche notevoli informazioni sui fenomeni spaziali come i lampi gamma. Tuttavia, ormai ci stiamo avvicinando alla “Phase F” del progetto ISS, ovvero alla fase di decommissionamento, prevista per l’inizio del 2031.
Il motivo principale dietro la scelta della conclusione del progetto è di natura economica. Infatti, la porzione di spazio più vicina alla Terra (LEO, Low Earth Orbit) è in transizione verso la privatizzazione. Pertanto, NASA ha scelto di dedicarsi ad obbiettivi più distanti, come la Luna, con il programma Artemis, e Marte.
Negli anni precedenti la decisione finale sono state avanzate ed analizzate diverse opzioni per decidere quale sarebbe stato il destino della ISS una volta terminata la sua vita operativa. Tra esse le più significative furono: disassemblaggio e rientro sulla Terra per esposizione museale, spostamento su un’orbita più distante, rientro naturale e rientro controllato. La scelta finale è ricaduta su quest’ultima opzione.
Andando con ordine, la prima scelta fu bocciata principalmente per motivi economici, poiché richiederebbe numerose delicate operazioni e molteplici lanci di appositi vettori non più esistenti, dal momento che lo Space Shuttle non viene più utilizzato dalla missione STS-135, partita proprio per ultimare l’assemblamento della ISS.
La scelta di non effettuare un cambio orbitale per trasferire la ISS in un’orbita cimitero (Graveyard Orbit) è motivata dalla richiesta un’elevata capacità propulsiva, al di fuori delle possibilità offerte dai moduli attuali, data l’enorme massa di quasi cinquecento di tonnellate della stazione.
Infine, il rientro naturale non è un’opzione verosimile. La manovra implica l’utilizzo dell’attrito dell’aria per far progressivamente discendere la stazione sulla Terra. A causa della complessa struttura sarebbe estremamente complesso stimare il punto di collisione di ciascun detrito in caduta libera, potenzialmente mettendo a rischio la vita di noi abitanti della superficie.
Infine, il rientro controllato rappresenta una versione del rientro naturale che porta il vantaggio di mitigare il rischio di vittime. Il punto d’impatto scelto è il cosiddetto Punto Nemo, il punto dell’oceano più distante dalla terraferma.
Nonostante la triste notizia che presto dovremo dire addio al satellite che ospita umani nello spazio dal 1998, non tutta la ISS verrà distrutta. Diversi colossi del settore sono interessati ad accaparrarsi un pezzo della stazione. In particolare, Axiom Space si è assicurata la gestione di un modulo che diverrà una nuova stazione spaziale privata, la quale si staccherà prima del rientro, prestandosi così a trasformarsi in una nuova meta turistica all’infuori dei confini atmosferici.
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