Edu-STEM: apprendimento multidisciplinare

Daniela Giannoccaro • 20 settembre 2023

A scuola… per un apprendimento multidisciplinare

Il filosofo e sociologo francese Edgar Morin sostiene che ci sia «un’inadeguatezza sempre più ampia, profonda e grave tra i nostri saperi disgiunti, frazionati, suddivisi in discipline da una parte, e realtà o problemi sempre più polidisciplinari, trasversali, multidimensionali, transnazionali, globali, planetari dall'altra. Invece di opporre correttivi a questi sviluppi, il nostro sistema di insegnamento obbedisce loro.


Dunque, se la scuola deve formare la persona e il cittadino, la necessità di porre attenzione a una dimensione interdisciplinare nasce dall’esigenza innanzitutto di avvicinare la scuola alla vita e alla complessità e interconnessione dei fenomeni umani che, oggi più che mai, trovano evidenze nella globalizzazione, nell'internazionalizzazione degli scambi economici e commerciali, negli imponenti fenomeni migratori, nella politica (si pensi alle connessioni tra politiche nazionali ed europee) e, con tragica rilevanza, nelle varie implicazioni della pandemia.


Riteniamo che la scuola debba rispondere in modo proattivo alle trasformazioni della società e anche prevedere possibili scenari futuri proponendo modelli educativi che sappiano non solo interpretare i tempi sviluppando pensiero critico e autonomo, ma anche investire sulle abilità strategiche per il futuro.


Insegnamento interdisciplinare o multidisciplinare?

L’insegnamento interdisciplinare è diverso dall’insegnamento multidisciplinare o pluridisciplinare in quanto richiede l’integrazione e la sintesi di diverse prospettive piuttosto che una semplice considerazione di molteplici punti di vista.


Alcune definizioni per analizzare l’approccio didattico e metodologico:

Analisi pluridisciplinare: esamina un problema tipico per una disciplina attraverso l’obiettivo di un’altra disciplina (ad esempio, come i fisici esplorano la musica, le prospettive sociologiche ai fini della religione).

Analisi multidisciplinare: esamina un problema da più prospettive, senza fare uno sforzo concertato per integrare sistematicamente le prospettive disciplinari.

Analisi interdisciplinare: esamina un problema da più punti di vista, portando a uno sforzo sistematico per integrare le prospettive alternative in un quadro di analisi unificato o coerente.


Cosa differenzia l’istruzione interdisciplinare?

Una singola prospettiva disciplinare ha spesso dei limiti in quanto è guidata dalle norme e dal quadro di una particolare disciplina senza considerazione e integrazione di opinioni alternative. L’unica visione disciplinare può portare all’egemonia d’un approccio che impedisce la valutazione critica della propria e di altre prospettive. Al contrario, l’educazione interdisciplinare si basa su più discipline per acquisire una comprensione profonda e approfondita di questioni complesse e sfida gli studenti a sintetizzare ciò che ognuna di queste discipline offre prima di tentare di progettare approcci esperienziali e pedagogici per risolvere i problemi noti.


Cos’è l’interdisciplinarità a scuola

Un punto di partenza per la nostra riflessione è rappresentato dalle parole di Jean Piaget il quale definisce l’interdisciplinarità come «collaborazione fra discipline diverse o fra settori eterogenei di una stessa scienza (per addivenire) a interazioni vere e proprie, a reciprocità di scambi, tale da determinare mutui arricchimenti». In una scuola organizzata per discipline, l’interdisciplinarità è da intendersi quindi come una interazione che arricchisce tutti gli “attori”.


Una visione interculturale dell’interdisciplinarità

In questa sede vorremmo proporre una lettura interculturale di questo termine in quanto riteniamo che, proprio in una scuola organizzata saldamente in discipline, tale arricchimento sia innanzitutto dato dalla possibilità di avere uno sguardo “altro” nei confronti della propria disciplina.


Che ruolo gioca il digitale?

«Il digitale con le sue possibilità di interconnessione, di comunicazione multidirezionale e costruzione dei saperi supporta fortemente l’interdisciplinarità. È questa la nuova sfida più esaltante che abbiamo di fronte».


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Autore: Daniela Giannoccaro 20 novembre 2025
La curiosità come punto di partenza I bambini hanno una caratteristica straordinaria: fanno domande su tutto. “Perché il cielo è blu?”, “Come fa un dinosauro a essere così grande?”, “Cosa c’è dentro il nostro corpo?”. Questa curiosità è il motore dell’apprendimento, e la realtà aumentata può trasformarla in esperienze concrete e coinvolgenti. La realtà aumentata spiegata ai genitori La realtà aumentata (AR) è una tecnologia che permette di sovrapporre immagini e informazioni digitali al mondo reale, visibili attraverso smartphone o tablet. Non è fantascienza: è uno strumento che rende lo studio un’avventura. Immaginate di puntare la fotocamera verso il libro di scienze e vedere il cuore che batte in 3D, o di trasformare il salotto in un piccolo planetario dove i pianeti orbitano intorno al Sole.
Autore: Lucia Pigliaru 18 novembre 2025
L’Europa aggiunge un nuovo tassello fondamentale alla sua capacità di osservare il pianeta: Sentinel-1D, il più recente satellite della missione radar Sentinel-1 del programma Copernicus, è stato lanciato con successo il 4 novembre alle 22:02 CET dal Centro spaziale di Kourou, in Guyana Francese, a bordo del lanciatore europeo Ariane 6. Trentaquattro minuti dopo il decollo il satellite è stato rilasciato correttamente in orbita, e alle 23:22 CET è arrivato il primo segnale a Terra, confermando che Sentinel-1D è attivo e pronto a iniziare le operazioni. Con questo lancio, la costellazione Sentinel-1 è ora completa e potrà garantire continuità alle osservazioni radar europee dei prossimi anni.
Autore: Giovanni Garofalo 13 novembre 2025
Comprendere gli impatti ambientali Uno degli aspetti meno esplorati ma più rilevanti della sostenibilità spaziale riguarda gli effetti ambientali del rientro dei detriti nell’atmosfera terrestre. Ogni anno, centinaia di frammenti artificiali rientrano e si disgregano a quote variabili, liberando gas, particelle e residui solidi che possono raggiungere il suolo o gli oceani. Nonostante il fenomeno sia ormai parte integrante dell’attività spaziale, le sue conseguenze sull’ambiente terrestre e atmosferico non sono ancora completamente comprese né quantificate. Per affrontare questa lacuna, la comunità scientifica ha avviato programmi di ricerca volti a caratterizzare i materiali utilizzati nei veicoli spaziali e a comprendere il loro comportamento durante il rientro. L’obiettivo è determinare quali sostanze si formano durante la combustione e la frammentazione, e in che misura possano interagire con l’atmosfera. Particolare attenzione è rivolta ai prodotti di ablazione , cioè ai residui generati dall’erosione termica dei materiali esposti a temperature estreme, e alla loro distribuzione dimensionale e ottica, poiché tali particelle possono contribuire a modificare la chimica dell’alta atmosfera. Parallelamente, si sta approfondendo la composizione dei propellenti residui e dei componenti strutturali dei razzi e dei satelliti, per valutare quali elementi sopravvivano al rientro e quali possano depositarsi sulla superficie terrestre o marina. Analisi di laboratorio e misurazioni in situ, ad esempio mediante razzi-sonda, permettono di stimare l’altitudine e l’intensità delle emissioni, migliorando i modelli fisico-chimici dell’atmosfera. Questi studi mirano a valutare gli effetti a lungo termine dei materiali iniettati negli strati superiori dell’atmosfera, in particolare nella mesosfera e nella stratosfera, dove le reazioni chimiche indotte potrebbero alterare l’equilibrio naturale dei gas.
Autore: AstroBenny (Bendetta Facini) 11 novembre 2025
L’Agenzia Spaziale Indiana (ISRO) ha annunciato che entro la fine dell’anno verrà effettuato un passo storico per il programma spaziale nazionale: il primo test orbitale della navicella Gaganyaan, un progetto che rappresenta il sogno dell’India di portare i propri astronauti nello spazio con mezzi interamente sviluppati nel paese.
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La missione PLATO (acronimo di PLAnetary Transits and Oscillations of stars) della ESA rappresenta un salto importante nella ricerca di esopianeti: piccoli pianeti rocciosi simili alla Terra, che orbitano attorno a stelle simili al Sole, con un occhio privilegiato verso la cosiddetta “zona abitabile”.
Autore: Elisa Goffo 28 ottobre 2025
I pianeti che conosciamo nella nostra galassia sono più di 6000, ma sappiamo ancora molto poco su come si formino. Il modo migliore per studiare i loro processi di formazione è osservare i sistemi planetari “appena nati”. Il sistema planetario PDS 70 , situato a circa 370 anni luce da noi , è il miglior esempio che abbiamo scoperto finora ed anche il più studiato. é infatti il primo sistema conosciuto in cui gli astronomi hanno potuto assistere direttamente alla nascita di pianeti extrasolari. PDS 70 è una stella giovane, di circa 5 milioni di anni, che si trova ancora nella sua “infanzia”, se confrontata con i 4,6 miliardi di anni del nostro Sole. Per questo, e per molti altri motivi, è uno dei luoghi più studiati del cielo, dove possiamo osservare direttamente pianeti in formazione.
Autore: Andrea Vanoni 9 ottobre 2025
Un tempo riservata agli osservatori professionali e alle agenzie spaziali, l’osservazione e la ripresa di corpi celesti come la Luna, i pianeti e persino il Sole è oggi alla portata di molti grazie ai progressi della tecnologia e alla crescente accessibilità di strumenti astronomici amatoriali. Sempre più appassionati di astronomia si cimentano nella fotografia planetaria e solare, ottenendo risultati sorprendenti e contribuendo, talvolta, anche alla ricerca scientifica. Negli ultimi anni, il mercato ha visto un’impennata nella qualità e nella disponibilità di telescopi, camere planetarie, filtri solari e software di elaborazione immagini pensati per gli astrofili. Strumenti come: • Telescopi a lunga focale , ideali per l’osservazione planetaria • Camere CMOS ad alta sensibilità e frame rate elevato • Software di stacking e post-processing (come AutoStakkert!, RegiStax e AstroSurface) hanno rivoluzionato le possibilità di chi osserva il cielo da casa, permettendo di ottenere dettagli sorprendenti di Giove, Saturno, Marte, delle fasi lunari e persino delle macchie solari.
Autore: Liliana Balotti 2 ottobre 2025
La NASA ha ufficialmente annunciato la selezione di 10 nuovi astronauti per la classe del 2025 , scelti tra oltre 8.000 candidati provenienti da tutti gli Stati Uniti. Dopo un lungo e rigoroso processo di valutazione che ha incluso test fisici, psicologici, tecnici e colloqui altamente selettivi, sono emersi sei donne e quattro uomini che rappresentano l'élite scientifica, tecnica e operativa del Paese. Il nuovo gruppo inizierà ora un intenso programma di addestramento di due anni presso il Johnson Space Center di Houston , sede storica del corpo astronauti. Durante questo periodo, saranno formati su una vasta gamma di competenze: camminate spaziali (EVA), operazioni robotiche, ingegneria di sistemi spaziali, lingua russa (necessaria per lavorare con i colleghi a bordo della ISS), sopravvivenza in ambienti ostili e operazioni mediche d’emergenza. Solo al termine di questo addestramento otterranno la qualifica ufficiale di astronauta. La classe del 2025 potrà essere assegnata a diverse missioni, tra cui spedizioni a bordo della Stazione Spaziale Internazionale (ISS) , missioni commerciali con partner privati come SpaceX e Axiom , o, per alcuni di loro, ruoli chiave nelle prossime fasi del programma Artemis , che punta a riportare l’uomo — e per la prima volta una donna — sulla superficie lunare nel corso di questo decennio. Obiettivo finale: creare una presenza umana sostenibile sulla Luna e, successivamente, pianificare le prime missioni con equipaggio verso Marte . Con questa nuova selezione, il numero totale di astronauti scelti dalla NASA dalla nascita del corpo astronauti — risalente al 1959 con il primo gruppo delle missioni Mercury — sale a 370 persone . Si tratta di un traguardo simbolico, che riflette non solo la continuità della grande tradizione spaziale americana, ma anche la sua trasformazione: dagli anni pionieristici della corsa allo spazio, passando per le missioni Apollo, lo Space Shuttle e la ISS, fino all’attuale era di collaborazione tra agenzie spaziali e aziende private. La classe 2025 si distingue per la sua notevole diversità professionale . Tra i nuovi astronauti figurano piloti militari collaudatori , ingegneri aerospaziali , medici , scienziati planetari , esperti di missioni spaziali commerciali e persino una ex atleta della nazionale statunitense di rugby. Alcuni hanno già avuto un assaggio dello spazio, come Anna Menon , che ha volato nel 2024 nella missione privata Polaris Dawn , mentre altri hanno alle spalle centinaia di ore di volo in teatri operativi o hanno partecipato a missioni scientifiche in ambienti estremi sulla Terra, come l’Antartide o zone vulcaniche. Il loro background riflette il nuovo volto dell’esplorazione spaziale americana: multidisciplinare, collaborativo, altamente tecnico e sempre più orientato verso l’esplorazione umana del Sistema Solare . Questi dieci astronauti non saranno solo esploratori: saranno scienziati, ingegneri, comunicatori, ambasciatori della Terra nello spazio. Con l’ambizione di riportare esseri umani sulla Luna dopo oltre 50 anni, e con la prospettiva di spingersi oltre, la NASA sta costruendo oggi la squadra che domani potrebbe rappresentare l’umanità su altri mondi.
Autore: AstroBenny (Benedetta Facini) 30 settembre 2025
Sierra Space ha annunciato che il volo inaugurale del suo spazioplano Dream Chaser non includerà più una manovra di attracco con la Stazione Spaziale Internazionale (ISS), ma sarà limitato a una missione dimostrativa in orbita. Il cambiamento deriva da una revisione del contratto Commercial Resupply Services-2 (CRS-2) che in origine prevedeva un minimo di sette missioni di rifornimento all’ISS con Dream Chaser e il modulo cargo Shooting Star.
Autore: Simone Semeraro 25 settembre 2025
Da quando Sputnik raggiunse l’orbita terrestre, lo spazio si è via via riempito di satelliti. Non tutti hanno il privilegio di ritornare sulla Terra. Molti di essi, o meglio, molte parti di essi, sono destinati a vagare nello spazio per decenni. Questi oggetti di modeste dimensioni sono come dei proiettili, pronti a danneggiare qualunque oggetto si trovi sulle loro traiettorie. Due eventi storici hanno aumentato in maniera significativa il numero dei detriti spaziali : il test missilistico cinese del 2007 e lo scontro tra Iridium 33 e Kosmos 2251.
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