Sono i nativi digitali: i bambini e i pre-dolescenti nati dopo la fine degli anni ‘90 immersi nel mondo digitale di internet. Secondo le neuroscienze avrebbero sviluppato facoltà intellettive peculiari, un’intelligenza, digitale appunto, essenzialmente pragmatica e spaziale. Quali i vantaggi?
Era la fine degli anni ’90 quando internet sbarcava nelle nostre vite per modificare, forse per sempre e in maniera molto più radicale di quanto non ci aspettassimo, il nostro modo di vedere il mondo, relazionarci agli altri, trovare ed utilizzare informazioni.
Per chi ha vissuto questo passaggio epocale è tempo di bilanci, considerazioni e confronti; per chi, oggi bambino o preadolescente, è nato successivamente internet e i media digitali, una cornice “da sempre” esistita e utilizzata con più immediatezza ma forse con maggior passività.
Sono i nativi digitali, questi internauti “di seconda generazione” più competenti nell’uso pragmatico dei media che nella conoscenza “a monte” del loro funzionamento.
E’ dimostrato che i Nativi Digitali, quasi costantemente iperconnessi, non presentano una correlazione tra il numero di ore di esposizione alla Rete e l’aumento del
quoziente intellettivo. Non sono più intelligenti? Lo sono diversamente.
Imparano ciò che nel momento presente è utile e, soprattutto, lo imparano molto più in fretta, creando purtroppo in questo modo alcuni vuoti.
Non si tratta, infatti,
più di una crescita intellettiva progressiva, non si sviluppa una cultura basata su esperienze graduali di vita.
L'importanza delle nuove tecnologie nelle terapie psichiatriche sono messe in risalto da Ernestina Politi, psichiatra al San Raffaele di Milano, con poche parole efficaci: «Potenziano il cervello". Quindi, cari genitori, mettete in soffitta tutti i pregiudizi. Il rapporto tra bambini e smartphone, tablet, touchscreen, computer è un rapporto da incentivare. Anche se Politi sottolinea: «Sono sempre più usati nella riabilitazione neuronale e sono efficaci, ma se un certo tipo di funzione potenzia una parte del cervello, dobbiamo sempre capire se c'è un depotenziamento di un'altra.... ancora non sappiamo che cambiamenti implicano le nuove tecnologie neurone per neurone. Io penso che abbiano un aspetto fortemente positivo, ovviamente da valutare. Ma prima di tutto c'è da fare un passo indietro».
«Un genitore che in qualunque epoca storica utilizzi un qualunque oggetto - che sia uno smartphone o un cavallo di legno - unicamente per tenere occupato il bambino, mentre lui è impegnato in altro, sbaglia funzionalità dell'oggetto stesso. Si tratta di una questione educativa che riguarda la cura del piccolo da parte del grande. Comportarsi così è sempre un'incuria. L'oggetto dovrebbe essere semplicemente un mediatore di un momento ludico da vivere insieme in cui il genitore è parte attiva».
«No. È fondamentale insegnare a un bambino a giocare da solo e a sviluppare delle autonomie. Ciò che è essenziale è che l'adulto, genitore o educatore, sia sempre il mediatore di questo suo sviluppo, non per controllare il bambino ma per aiutarlo a imparare.
Se invece l'oggetto viene utilizzato perché "liberarsi" del bambino, allora il rischio è che quell'oggetto non gli basti mai: ne vorrà ogni giorno uno nuovo per attivare il bisogno di avere continuamente un piccolo piacere, una piccola nuova eccitazione».
«Vuole dire che il genitore deve sapere che ci vuole sempre un tempo e uno spazio per condividere con il piccolo. Ripeto, non vuol dire stare tutto il giorno con il bambino, ma vuol dire trasmettere al piccolo la consapevolezza che c'è un mediatore cognitivo e intellettivo. Senza questa consapevolezza i piccoli rischiano di andare alla deriva e andare alla deriva su internet è sempre più pericoloso».
«La differenza è che una volta non c'erano abbastanza informazioni perché non c'erano abbastanza media, quindi era indispensabile esplorare e uscire di casa per imparare e per sapere oltre la nostra famiglia. Oggi, al contrario, abbiamo centinaia di migliaia di informazioni che arrivano al nostro cervello e quindi il compito genitoriale è quello di insegnare al bambino a scegliere le informazioni.
I bambini, oltretutto, sono mediamente più empatici e quindi ancora più soggetti dall'emotività che viene dall'esterno: per questo è importante il ruolo dell'adulto. Attenzione, si possono fare errori, anche numerosi, i bambini non si preoccupano se i genitori fanno qualcosa che non va bene, ma devono essere certi di avere una relazione con il proprio genitore».
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