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La materia - almeno quella che conosciamo - è composta da particelle con diverse proprietà, come carica e massa. Tra queste, i neutrini sono tra le più misteriose ed elusive: particelle leggerissime, quasi prive di massa e senza carica elettrica.
Sebbene siano tra le particelle più abbondanti dell’Universo, rivelarli è estremamente difficile. Ogni secondo, miliardi di neutrini attraversano il nostro corpo senza che ce ne accorgiamo!
La ragione è che i neutrini non risentono della forza elettromagnetica né di quella nucleare forte, ma solo della forza nucleare debole e della gravità (trascurabile su scala atomica). Per questo, viaggiano quasi indisturbati, attraversando la materia come fantasmi.
Nonostante ciò, sono messaggeri cosmici speciali: a differenza delle particelle cariche, che possono essere deviate dai campi magnetici nello spazio, i neutrini mantengono la loro traiettoria originale. Questo permette di risalire alla loro sorgente cosmica con estrema precisione.
Il telescopio KM3NeT è una gigantesca infrastruttura sottomarina progettata per studiare l’Universo dalle profondità del Mar Mediterraneo. È composto da due rivelatori, ARCA e ORCA.
ARCA si trova a oltre 3000 metri di profondità al largo di Portopalo di Capo Passero, in Sicilia, mentre ORCA è posizionato a oltre 2000 metri sotto il livello del mare, vicino a Tolone, in Francia.
Per rivelare i neutrini è necessario un enorme volume di materiale, aumentando la probabilità che almeno uno di essi interagisca con un atomo e lasci una traccia.
Il telescopio KM3NeT sfrutta più di un chilometro cubo di acqua marina per catturare queste rare interazioni. Quando un neutrino interagisce nel mare, genera particelle cariche ultrarelativistiche, che si muovono più velocemente della luce nell’acqua. Queste particelle emettono un bagliore bluastro chiamato luce Cherenkov, che i moduli ottici del telescopio sono progettati per rivelare.
Il 13 febbraio 2023, il rivelatore ARCA ha osservato il neutrino più energetico mai visto. Il telescopio ha rilevato la luce Cherenkov generata da un muone con un’energia di 120 PeV. L’analisi della sua traiettoria e della sua energia ha fornito prove convincenti che il muone fosse prodotto dall’interazione di un neutrino cosmico nelle vicinanze del rivelatore.
Stimando l’energia originale del neutrino, i ricercatori hanno ottenuto un valore di 220 PeV, ovvero 220 milioni di miliardi di elettronvolt. Questa energia è circa 30 volte superiore rispetto alla massima energia di neutrino rilevata in precedenza.
Per fare un confronto, 220 PeV equivalgono a 0,035 Joule, un valore piccolissimo rispetto alla vita quotidiana: per esempio, alzarsi dal divano richiede almeno 300 Joule, ovvero quasi 10.000 volte l’energia di questo neutrino! Tuttavia, il fatto che una particella così minuscola possa trasportare un’energia così alta rende l’evento straordinario.
Fenomeni violenti come esplosioni di supernove, buchi neri supermassicci in accrescimento e lampi di raggi gamma possono generare particelle energetiche chiamate raggi cosmici. Quando questi raggi cosmici interagiscono con la materia circostante, possono produrre neutrini di alta energia.
Analizzando la direzione del neutrino da 220 PeV e confrontando i dati con quelli provenienti da altri telescopi, finora non è stata identificata alcuna sorgente precisa.
Un’ipotesi affascinante è che si tratti del primo neutrino cosmogenico mai osservato. Subito dopo il Big Bang, l’Universo era un brodo denso e caldo in cui la luce non poteva viaggiare liberamente, scontrandosi continuamente con protoni e elettroni. Dopo circa 380.000 anni, l’Universo si raffreddò abbastanza da permettere la formazione degli atomi, liberando la radiazione cosmica di fondo (CMB), una debole luce fossile che permea l’intero cosmo.
Se un raggio cosmico interagisce con i fotoni della CMB, può generare un neutrino cosmogenico di energia elevatissima. Il neutrino osservato il 13 febbraio 2023 potrebbe essere proprio il primo di questo tipo mai rivelato, aprendo la strada a una nuova esplorazione dei confini più remoti dell’Universo.
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