Durante la crociera, gli aeromobili devono contrastare principalmente la resistenza aerodinamica. Di fatto, qualsiasi corpo che si muove nell’aria genera qualche forma di resistenza aerodinamica che dipende dalla forma, dimensione e inclinazione dell’oggetto stesso. Per gli aeromobili entra in gioco un altro effetto, che deriva direttamente dalla creazione della portanza, ossia la forza che "spinge verso l'alto": la cosiddetta resistenza associata (o induced drag in inglese).
La causa è direttamente collegata a come la portanza viene generata tramite la differenza di pressione sulle due superfici dell’ala. Infatti, questa differenza genera, all’estremità dell’ala, dei vortici di aria che costituiscono la resistenza associata. Dal punto di visto teorico, esiste l’ala infinita, un’idealizzazione di un’ala senza estremità, per cui questo effetto non esiste, in quanto i flussi sulle superfici si incontrano solo sul bordo d’uscita e non possono scappare alle estremità. Ovviamente un’ala non può essere infinita per poter essere utilizzata, ma altresì significa che più un’ala è estesa, anche in termini di rapporto con la sua corda (larghezza), meno l’effetto dei vortici sarà evidente.
Una prima soluzione proposta è stata quella implementata nello Supermarine Spitfire con un’ala detta ellittica, con cui si mirava a ridurre la portanza generata alle estremità per diminuire la forza dei vortici collegati alla resistenza associata. La soluzione tecnica si rivelò vincente dando allo Spitfire ottime prestazioni nelle battaglie aeree della Seconda Guerra Mondiale. Malgrado la bontà della soluzione, l’idea presentava delle criticità. In particolare, lo stallo (mancanza di portanza) avviene in maniera più repentina per le ali ellittiche rispetto a modelli più tradizionali.
Con l’avvento dell’era dei jet e il volo transonico, si è vista la prevalenza di progetti caratterizzati da un’ala a freccia positiva, che porta benefici sia strutturali che aerodinamici, ma non affronta, almeno direttamente, il problema la forza dei vortici alle estremità delle ali.
Allo stesso momento, presso il NASA Dryden Flight Research Center si testavano delle alette alle estremità dell’ala (winglets) sul primo grande jetliner: il Boeing 707. L’obbiettivo era quello di usare gli winglet per ridurre l’intensità dei vortici, quindi la resistenza associata. Dai test emerse che il consumo di carburante diminuirebbe del 6.5% con l’uso dei winglet. Ovviamente non tutto è così facile. Infatti, gli winglet sono delle masse alle estremità delle ali e come tali possono modificare la risposta strutturale dell’intera ala.
Un fattore decisivo per il successo dei winglet è stata la possibilità di eseguire dei retrofit e la possibilità di aumentare l’efficienza aerodinamica senza intaccare profondamente le dimensioni dell’aeromobile e quindi la sua operabilità aeroportuale. Un esempio recente è la campagna di retrofit dei winglet sui Boeing 737 NG di Ryanair con i più recenti, sviluppati per i MAX, split scimitar winglets. Ryanair sostiene di poter così tagliare i costi del carburante del 1.5% per un totale di 65 milioni di litri di carburante usato in meno all’anno.
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